Su e giù per i colli, Tour della Valle d’Itria
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- Pubblicato: Mercoledì, 26 Febbraio 2020 14:04
Il paesaggio della valle d´Itria è il risultato della fusione del lavoro dell'uomo con la natura circostante. Le attività agricole si sono adattate alla struttura e forma dei luoghi, assecondando le asperità del suolo e utilizzandone al meglio le opportunità, contribuendo a costruire quella che Cesare Brandi chiama "una campagna pianificata come una città". Il paesaggio agrario è caratterizzato dalla coltura dell´olivo e della vite, ma anche da mandorli e altre piante da frutto, che si alternano a zone incolte, ai pascoli, ai seminativi, alla macchia e a zone in cui la roccia nuda affiora.
I centri urbani di Alberobello, Martina Franca, Locorotondo, Cisternino, Ceglie Messapica si dispongono su un sistema di alture che si affacciano con terrazze e belvedere naturali sulla valle.
La struttura di questi paesi è caratterizzata da un centro posto al vertice di una raggiera di strade principali che li collegano tra di loro e con gli altri centri e che funge da intelaiatura del sistema stradale minore che genera una fitta trama di tratturi, ora rettilinei ora sinuosi, contornati dai tipici muretti a secco che ne sottolineano l'andamento e lungo i quali si addensano i trulli. Ne deriva un paesaggio armonioso ricco di fascino e di magia. La bici è un mezzo unico per cogliere questa magia su e giù per le dolci colline percepiamo l'orografia del territorio, liberi di apprezzare le piccole e maestose architetture di pietre (trulli, pignon, terrazzamenti, muri a secco), i colori e gli inebrianti profumi della natura.
Il percorso
È un percorso mediamente impegnativo che, per chi è allenato, si può fare in una giornata ma può diventare l’idea per un week end in modo da godere appieno il paesaggio e soffermandosi a visitare gli splendidi borghi. Quando? Ogni stagione è buona ma suggeriamo di fare questo percorso in primavera per godersi il risveglio della natura o l’autunno per i suoi colori.
Si può partire da Ostuni perché la si può raggiungere facilmente in treno (si ricorda che in Puglia la bici sui treni viaggia gratis) e da lì partire.
Ostuni
La Città Bianca, così è chiamata Ostuni per via del suo caratteristico centro storico che nei tempi passati era interamente dipinto a calce. Il suo territorio era già frequentato nel paleolitico medio dato che la zona collinare, sede di numerose grotte, offriva perfetti rifugi naturali per le primitive comunità umane. A testimoniare la frequentazione del luogo in epoca preistorica è, tra l’altro, il ritrovamento di uno scheletro femminile, datato tra 24.000 e 27.000 anni fa, in stato di gravidanza seppellito nei pressi di Santa Maria d’Agnano, il cui corpo è stato composto con grande cura e adornato di gioielli. Nel Centro storico, caratterizzato da un dedalo di viuzze che spesso diventano scale, spicca la basilica cattedrale con la sua caratteristica facciata di forme tardo gotiche la cui costruzione fu iniziata nel 1435 e completata tra il 1470 e il 1495. La facciata è aperta da tre eleganti portali ogivali sormontati ciascuno da un rosone, di cui quello centrale, notevolmente più grande, ha 24 raggi. L'interno, a croce latina a tre navate su colonne, è stato rimaneggiato nel XVIII sec. e presenta decorazioni barocche.
Ceglie Messapica
Secondo la tradizione, la fondazione di Ceglie sarebbe legata all'arrivo in Italia del mitico popolo dei Messapi, al quale è attribuita la costruzione di manufatti megalitici noti con il nome di specchie. Il nucleo urbano era difeso da fortificazioni i cui scarsi resti sono noti con il nome locale di "Paretone". Presso la città sarebbero sorti santuari extraurbani dedicati alle divinità greche Apollo (in corrispondenza dell'odierna chiesa di San Rocco), Venere (sulla collina di Montevicoli) e sotto la Basilica di Sant'Anna nel corso dei lavori di sondaggio i frammenti di ceramica votiva e resti del tempio della Dea Latona madre di Apollo e Diana. L’impianto del centro storico è di età medievale ed è un unicum ambientale-architettonico di notevole interesse pubblico sottoposto a vincolo paesaggistico. Il tessuto urbano è dominato dal castello ducale e dalla collegiata attorno a cui si dipana una fitta rete di viuzze strette e tortuose e di scalinate lastricate con le caratteristiche “chianche” dove si aprono spiazzi come piazza Vecchia. Sui vicoli si affacciano le casine scialbate con latte di calce con i loro balconi fioriti e le finestre con quattro piedritti sporgenti agli angoli. Ceglie è oggi riconosciuta a livello nazionale come un polo d'eccellenza per quanto riguarda la gastronomia, grazie ai tanti riconoscimenti ottenuti dagli chef operanti nel territorio e alle scuole di cucina nate di recente. Da non perdere il biscotto di Ceglie Messapica, un pasticcino a forma di cubetto irregolare fatto con pasta di mandorle tostate e farcito con marmellata di ciliegia o uva e aromatizzato con una lieve fragranza di agrumi. Facoltativa è, invece, la glassatura a base di zucchero e cacao.
Martina Franca
Posta sulle colline sud orientali della Murgia, Martina 431m. di altitudine è la città più alta che si affaccia sulla Valle d’Itria. Martina deve il suo nome alla devozione degli abitanti, già dal Mille, a San Martino di Tours, infatti il primitivo insediamento della città nacque su monte detto appunto di San Martino, mentre l'aggettivo Franca fu aggiunto da Filippo I D'Angiò nel 1310 quando riconobbe alla città diversi privilegi, ossia franchigie e la demanialità perpetua.cIl suo centro storico è impreziosito dalle caratteristiche casette bianche che si dipanano in stradine tortuose e dai suoi edifici tutti arricchiti da logge decorate in ferro battuto.
Da visitare
• Il Palazzo Ducale, Risalente alla seconda metà del Seicento si erge a pochi passi dalla settecentesca Porta di Santo Stefano. Semplice e lineare nel prospetto principale, la struttura riassume varie caratteristiche architettoniche tipiche dell'arte rinascimentale, unite a elementi decorativi barocchi, realizzati da abili scalpellini locali, non lontani dal decorativismo tipico dell'arte salentina.
• Il Palazzo dell’Università, situato nel cuore della città, esso rappresenta uno dei primi simboli del potere politico della comunità di Martina Franca. Edificato nel 1761, il Palazzo dell’Università di Martina Franca sorge in piazza Plebiscito, sul lato sinistro della chiesa, accanto alla Torre Civica realizzata nel 1734. Il nome della struttura deriva dal termine Università che, nell’Italia meridionale, indicava la sede del municipio o del parlamento locale ed era universale perché ambiva a raccogliere le istanze di tutti i ceti.
• La Basilica di San Martino che con i suoi riccioli barocchi e i decori rococò domina piazza Plebiscito, nel cuore del centro storico ed è il principale edificio religioso della città.
La facciata in pietra calcarea è movimentata da paraste e capitelli e ornata dal prezioso altorilievo di San Martino che taglia il mantello. Intorno, si dispongono le nicchie con le statue di Santa Comasia, Santa Martina, San Giuseppe. Spicca sul trionfo barocco il campanile, ingentilito da motivi romanici e finestre monofore.
All’interno, la chiesa è a navata unica con graziose cappelle laterali, decorate da intarsi di marmi policromi. Una tenue luce dorata avvolge gli spazi, dove sono custodite pregevoli statue, preziosi dipinti murali, putti e raffinate acquasantiere.
• Palazzo Maggi, un’interessante residenza privata della seconda metà del XVIII secolo con un’imponente facciata decorata con motivi floreali e piccoli amorini, abbellita dall’elaborato ferro battuto dell’ampia balconata.
I buongustai non possono perdere l’occasione per gustare il capocollo di Martina Franca, una specialità della norcineria pugliese. Il capocollo o capicollo è il nome con cui nel Mezzogiorno è chiamata la coppa o lonza, cioè quella parte del maiale che sta tra collo e costata. I capocolli, opportunamente lavorati, sono posti a macerare sotto sale per 15-20 giorni, poi si estraggono e si lavano con una preparazione a base di vino cotto e spezie. Le carni, così lavorate, si insaccano nel budello di maiale e si asciugano: prima si avvolgono in panni, poi si sistemano su assi di legno, dove riposano per una decina di giorni, quando sono perfettamente asciutti vengono affumicati. La tecnica tradizionale prevedeva di ricoprire il pavimento con rametti di timo, mortella, alloro (piante molto diffuse nei circa 15 mila ettari di bosco e macchia mediterranea della zona) a cui si appiccava il fuoco, badando che bruciassero senza fiamma quindi si procede alla stagionatura che dura fino a novanta giorni. Al giorno d’oggi le tecniche di affumicatura sono cambiate, si procede bruciando in appositi camini le essenze e la corteccia di quercia di fragno, con questo sistema si è perso qualcosa in aromi, ma si ottengono risultati più controllabili.
Alberobello
La città dei trulli non ha bisogno di presentazioni, sito UNESCO dal 1996, nel suo centro storico vi si trova la massima concentrazione di trulli con più di 1500 strutture nei rioni di Monti e Aja Piccola. Tali costruzioni hanno la caratteristica struttura rettangolare con tetto conico in pietre incastonate. I muri imbiancati dei trulli sono edificati direttamente sulle fondamenta in pietra calcarea e realizzati con la tecnica della muratura a secco, senza malta o cemento. Sugli spessi muri a doppio rivestimento si aprono una porta e piccole finestre. All’interno è sempre presente un focolare e incastonate nelle spesse mura si aprono delle alcove. Anche i tetti sono a doppio strato: un rivestimento interno a volta in pietre di forma conica ed un cono esterno impermeabile costituito da lastre di pietra calcarea, note come chianche o chiancarelle. I tetti delle costruzioni recano spesso iscrizioni dal significato mitologico o religioso, e terminano con un pinnacolo decorativo che, secondo la tradizione, ha lo scopo di scacciare le influenze maligne o la sfortuna.
Secondo lo storico Pietro Gioia, il nome Alberobello deriva da Silva “alboris belli”, con il significato di "bosco dell'albero della guerra" ma tale derivazione non ha riscontro documentale; studi successivi sottolineano che il primo toponimo con il quale la località era conosciuta fu “Silva Alboreli” come risulta dal più antico documento a conoscenza degli studiosi datato 1481. Un primo insediamento abitativo nella zona si ebbe all'inizio del XVI sec. per opera di Andrea Matteo III Acquaviva d'Aragona, conte di Conversano, un successivo componente della famiglia, Giangirolamo II, costruì nel 1635 una locanda con taverna, e pure un oratorio; da questo primo nucleo si sviluppò l'insediamento di Alberobello. Fu allora che nacque la particolarità costruttiva dei trulli, edificati a secco per evitare di pagare le tasse al viceré di Napoli. Infatti, la legge “Pragmatica de Baronibus” stabiliva che l'edificazione di un centro abitato stabile avrebbe comportato il pagamento dei relativi tributi; i trulli invece non erano costruzioni fisse, ma erano smontabili e ricostruibili in pochissimo tempo.
Locorotondo
Questa cittadina ha avuto molti nomi prima di quello attuale. Inizialmente si chiamava Casale San Giorgio (in onore del santo patrono), poi Casale Rotondo, successivamente Luogorotondo e dal 1834 Locorotondo. Il nome richiama la caratteristica forma del centro storico, un insieme di piccole case bianche disposte su un colle che espandono ad anelli concentrici. Il paese vanta un territorio rurale densamente popolato, dove nella maggior parte delle 138 contrade si ripete lo schema dell’agglomerato di case e trulli che condividono uno spazio comune, detto jazzile, che permette alla gente di vivere in piacevole unità di vicinato. In contrada Marziolla si trova il trullo più antico di Puglia, secondo la data incisa sull’architrave dell’ingresso, risale al 1559.
Cisternino
Cisternino offre un’ampia visuale sulla Valle d’Itria, sui vigneti e gli uliveti che producono vino e olio d’oliva extravergine, prodotti d’eccellenza di questa terra.
Entrando nell’antico abitato, fondato al tempo dei Romani, le stradine di basolato conducono alla scoperta di piccoli spiazzi, corti e scorci suggestivi, insieme a edifici storici, quali la torre di epoca normanno-sveva e la chiesa di San Nicola costruita sulla precedente chiesa basiliana. Immerso nel paesaggio più autentico della Puglia centrale, fatto di trulli, masserie e boschi di macchia mediterranea, si trova il santuario della Madonna di Ibernia, a circa tre chilometri da Cisternino. La chiesa sorge sulle fondamenta di una costruzione paleocristiana, sito archeologico in cui sono stati portati alla luce reperti e antiche ceramiche. Per chi volesse, è un’ottima occasione per assaporare la carne delle numerose macellerie che appena scelta viene cotta sulle griglie per essere gustata nella sua genuinità magari insieme a un buon bicchiere di vino. Tra le specialità ci sono le salsicce, le famose bombette e i "gnumeredd", gli spiedini fatti con le interiora di agnello; tutto accompagnato sempre da piatti di verdure grigliate.
Risorse: album fotografico